Obesità e sicurezza sul lavoro: idoneità e rischi
Il rapporto tra obesità e sicurezza sul lavoro ha ottenuto negli ultimi anni una crescente attenzione, sollevando diverse problematiche.
L’obesità è un problema dilagante del mondo industrializzato che estende i suoi effetti negativi anche al tema della sicurezza sul lavoro. Secondo le ultime stime oltre la metà della popolazione di 32 dei 34 paesi OCSE risulta affetta da una qualche forma di obesità, una patologia la cui diffusione sembra acquistare sempre più un carattere pandemico, il che non poteva che finire per interessare anche il mondo del lavoro.
I rischi dell’obesità per la sicurezza sul lavoro
Le conseguenze negative dell’obesità nei luoghi di lavoro vanno dall’incremento del rischio di incorrere in infortuni fino all’aumento dell’incidenza di molte malattie professionali, ma non è tutto. La prima criticità in cui potrebbe incorrere un lavoratore obeso in termini di sicurezza sul lavoro riguarda la ridotta capacità motoria alla quale è verosimilmente soggetto. Senza contare la minore resistenza fisica e flessibilità, il ridotto equilibrio e maggiore difficoltà al mantenimento di una posizione eretta o seduta. Una condizione che aumenta sensibilmente il rischio di infortuni specialmente per quanto riguarda alcune mansioni. Va poi considerato che in molti casi anche il corretto utilizzo dei DPI è reso difficoltoso o impossibile dalle caratteristiche fisiche del lavoratore obeso, comportando un’ulteriore criticità ai fini della sicurezza.
L’incidenza dell’obesità sulla sicurezza sul lavoro riguarda anche la maggiore predisposizione alle malattie professionali. Tra queste i più frequenti risultano i disturbi muscolo scheletrici, a causa dello stress a cui il peso eccessivo sottopone l’intero apparato motorio. I soggetti obesi tendono a essere maggiormente soggetti a infiammazioni tendinee e a risentire di più dell’effetto negativo dei movimenti ripetuti. Non va poi sottovalutato il maggiore rischio di incorrere in patologie cardio, respiratorie o in altre problematiche riguardanti il sistema endocrino.
Alcuni studi condotti negli Stati Uniti hanno messo in luce come i lavoratori sovrappeso siano per il 15% più a rischio di infortuni rispetto ai colleghi normopeso, percentuale che raggiunge il 48% per i soggetti obesi.
Obesità e idoneità alla mansione
Il compito di determinare l’idoneità o meno alla mansione per un lavoratore obeso è compito, come sempre, del medico competente. Questi, effettuata la visita medica di idoneità, determina se il lavoratore, data la sua condizione fisica, è in grado o meno di svolgere la particolare mansione o di svolgerla in particolari condizioni (per esempio con un supporto di tipo ergonomico). L’obesità aumenta i fattori di rischio a cui è sottoposto il lavoratore, specialmente per le mansioni che richiedono uno sforzo fisico e una certa prestanza. Il lavoratore obeso valutato non idoneo alla mansione, in maniera permanente o temporanea, può essere spostato dal datore di lavoro su ultra mansione, laddove possibile. In caso contrario, le misure prese in assenza di altre alternative possono arrivare al licenziamento.
Prevenzione all’obesità nei luoghi di lavoro
Il datore di lavoro può mettere in pratica diverse azioni per la prevenzione dell’obesità nei luoghi di lavoro. Tra le misure applicabili vi sono: l’adattamento del servizio di ristorazione – dove presente – nella direzione di opzioni alimentari più salutari; programmi di sensibilizzazione e formazione a una cultura alimentare orientata alla salute, promozione dell’attività fisica; fino alla proposta di incentivi specifici nella direzione di uno stile di vita più sano.
L’obesità oltre che a costituire un problema di sicurezza sul lavoro e per la salute del lavoratore costituisce un costo ingente anche per l’azienda. I lavoratori obesi, infatti, oltre a tutte le problematiche sopra elencate, risultano più soggetti all’assenteismo comportando coì un netto calo della produttività. Allo stesso modo un soggetto obeso comporta anche un costo sociale elevato in termini di sanità. La lotta a questa condizione patologica risulta quindi nell’interesse di tutte le parti in gioco.